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41a Biella-Oropa – Biella (BI) 30/07/2016

1 agosto 2016 - Racconti di Corsa 2016
41a Biella-Oropa – Biella (BI) 30/07/2016
Foto di www.newsbiella.it

Foto di www.newsbiella.it

E arriva il gran giorno, la mia terza Biella-Oropa. Per chi non la conoscesse è una gara tutta in salita di 12,2 Km con pendenze molto impegnative. La salita è famosa anche in ambito ciclistico per le imprese di Pantani.

Sto preparando questa gara già da quest’inverno e ho selezionato le competizioni in maniera da arrivare a quest’appuntamento al top della forma. In effetti sono molto tranquillo, finora è andato tutto bene ed ho alle mie spalle anche una Armeno-Mottarone, gara simile, anzi un pelino più dura. Ecco, se devo essere sincero, l’unica mia paura sono i crampi che mi avevano già colto nell’ultimo chilometro del Mottarone. Obiettivo desiderato: finirla in 1h e 15′, in ogni caso entro 1h e 20′.

Alcuni contrattempi prima della partenza (devo ringraziare pubblicamente la mia compagna capace di sopportare cose indicibili prima del via. GRAZIEEE !!!) mi fanno fare un “riscaldamento” un po’ alla buona ma, sincercamente, con questo tipo di gara sono i primi km di gara che fanno da riscaldamento vero e proprio.

Fa caldo, la temperatura è torrida nonostante alcune nuvole coprano il sole. Le mie altre partecipazioni a questa gara erano state molto più favorevoli dal punto di vista del meteo, tuttavia al Mottarone non avevo subito tantissimo il caldo e quindi resto ottimista. A 30 minuti dal via inizia una leggera pioggerellina, questo evento, apparentemente insignificante, condizionerà la mia gara. Questo perchè la pioggia cessa quasi subito ed in cambio si alza una cappa di afa che a Biella credo di non aver mai sentito.

Dieci minuti prima del via mi posiziono già sotto il gonfiabile dello start, siamo quasi in 500 e non vorrei partire troppo dietro. La mia tattica di gara prevede una partenza lenta, ma non troppo, tenere sulle parti centrali della gara (quelle più dure) ed accelerare alla fine.

Si parte, i primi duecento metri sono in piano (forse addirittura in leggera discesa) e al primo impatto le gambe girano bene, sento tuttavia che l’afa mi condiziona la respirazione ma mi auguro sia solo una questione di “rompere il fiato”. Appena si svolta a destra la strada sale leggermente (circa il 2%) e fino al Km 2 sarà così. Normalmente, al ritmo lento che si tiene in questo tratto, nel gruppo si può ridere e scherzare, la fatica insomma è ancora lungi dall’essere minimamente percepita. Purtroppo per me non è così, sento subito che faccio fatica, le gambe diventano dure e l’afa non mi da tregua. Percepisco già dopo 1.500 metri che sarà una giornataccia. Mi faccio forza dicendo che magari sono partito troppo forte e che appena sarò al Bottalino, quando inizierà la salita vera, potrò rallentare un po’ e recuperare. In effetti nei primi tratti del Bottalino  sembra andare un po’ meglio e mi rinfranco un po’, sfrutto anche i 50 metri quasi piatti all’inizio di Cossila per rifiatare ulteriormente, poi la salita riprende (6%) nell’abitato del paese e si sale con fatica. Qualcuno cede già ed inizia a camminare io nella prima parte “tengo botta”. In ogni caso è una situazione totalmente differente dall’anno precedente dove la salita la sentivo a malapena. Nel frattempo sento che le mie gambe diventano nuovamente pesanti e attendo con ansia il primo rifornimento intorno al 4° km. Qui la pendenza improvvisamente diventerà più dolce e, anzi, ci saranno pure duecento metri di discesa. Arrivo al rifornimento e per fortuna offrono l’integratore insieme all’acqua. Contrariamente al solito addirittura mi fermo proprio per berlo tutto. Inutile dire che l’anno scorso il rifornimento l’avevo proprio ignorato tirando dritto…

Inizia la piccola discesa e poi ci sarà una salita leggera (3%) fino al bivio per Favaro basso. Questo è normalmente il tratto che più mi piace di questa gara. Si inizia a respirare l’atmosfera della montagna ma la salita dolce permette ancora di parlare e scherzare. In questo tratto ci si prepara mentalmente agli ultimi 6 Km quelli davvero duri della gara. Quest’anno però è tutto diverso, faccio una fatica del diavolo e anche se la temperatura è leggermente scesa la mia situazione non migliora. Mi fermo per bere anche al secondo rifornimento ed uso gli spugnaggi in abbondanza. Penso ai pezzi più duri che devono ancora venire e sento che non ce la posso fare. Per un’istante mi viene l’istinto di ritirarmi ma poi decido di continuare. Cambio anche tattica di gara, nel tratto più duro tra Favaro basso e Favaro alto camminerò in più punti cercando di recuperare per poi dare il meglio di meglio di me dopo il reinnesto sulla strada statale al Km 8. Chiaro che l’obiettivo dell’ora e 15 è già saltato ma confido ancora di stare nell’ora e venti.

Arrivo al km 6, si esce dalla statale e si entra nell’ abitato di Favaro basso, qui la strada si inerpica subito, 8,9,10% con punte del 13%. Nessun punto per rifiatare per 1500 metri. Mi fermo subito, inizio a camminare. Penso all’anno scorso quando avevo smesso di correre solo agli ultimi due rifornimenti per poi riprendere subito ma anche al primo anno, quando avevo iniziato a rifiatare almeno 500 metri più avanti. Mi viene da piangere, mi sembra incredibile, mesi di allenamento per vedermi fermo alla prima difficoltà. Cerco di tirarmi su di morale e vedo, che in fondo, stanno camminando tutti. Rispetto all’anno scorso sono in ritardo solo di un paio di minuti e quindi chi ho vicino sono più o meno gli stessi atleti che l’anno scorsoavrebbero fatto la salita correndo. Capisco quindi che anche gli altri non se la passano bene. La salita verso Favaro alta è una pena, corricchio per 100 metri e poi di nuovo fermo. Faccio fatica anche a camminare. Finalmente si arriva al centro di Favaro alta, qui la strada spiana per 200 metri per poi fare un’altro strappo al 10-11%  (credo che si chiami salita “delle miniere” ma non sono sicuro) fino al ritorno sulla strada statale. Nel frattempo la temperatura è scesa ulteriormente e inizio a stare meglio. Decido comunque di camminare quasi tutto l’ultimo strappo fino al rifornimento (dove berrò tantissimo) per poi dare tutto quello che ho appena si rientra sulla statale.

Arrivato sulla statale provo a correre e diavolo se va meglio. Da qui all’arrivo sarà salita al 6% con due tratti durissimi al 10 ed al 13 ma anche un tratto al 2%, in ogni caso anche i tratti più difficili non saranno lunghissimi. Diciamo che questo tratto diventa difficile perchè si hanno nelle gambe i km che tra il sesto e l’ottavo sono davvero devastanti.

Oramai anche l’ora e venti se ne è andata ma confido almeno di finire in un’ora e venticinque. La temperatura scende sempre di più e le mie energie salgono, vado su veloce e (finalmente) recupero posizioni, ma al nono km un triste avvertimento, un crampetto sul retro della coscia inizia a darmi fastidio ed anche se si scioglie quasi subito sono molto preoccupato. Faccio bene a preoccuparmi perchè proprio prima del decimo arrivano i crampi veri, proprio nel tratto di pendenza minima. A bloccarsi sono i muscoli anteriori della coscia, esattamente come al Mottarone. Cammino mentre tutti mi sfrecciano a fianco. Mi ci vanno duecento metri di camminata per scioglierli. Sono depressissimo. Supero camminando anche il tratto più duro di tutta la salita (13%) ma mi rendo conto che non è la fatica o la paura di un’altro attacco di crampi a non farmi correre ma solo una condizione psicolgica. Mi sono arreso. All’ultimo km decido di correre “tanto per” e vado su come un razzo, supero a velocità doppia, tripla molti concorrenti. Ho tutto il fiato che mi serve, dato che negli ultimi km non ho fatto altro che camminare e arrivo molto veloce sul piazzale di Oropa (il cosidetto “Prà di ochi”). Gli ultimi 200 metri sono in leggera salita, c’è il pubblico e i fotografi  ma purtroppo ci sono anche i crampi che tornano a farsi vivi. Non voglio fermarmi e nonostante il dolore proseguo con una corsetta da bradipo. Niente sorrisi alle fotocamere come al solito, non ce la faccio. Troppo dolore. Taglio il traguardo e mi fermo subito dopo. Non riesco più neanche a camminare. Ho impiegato 1h e 29′ e 57″, quindici minuti più dell’obiettivo, dieci in più dell’anno scorso. Una Waterloo in grande stile. Dietro di me devono ancora arrivare in centinaio di partecipanti sintomo che la gara è stata dura per tutti. La cosa che però mi fa più dispiacere non è il tempo o la posizione di classifica (che sorprendentemente è comunque migliore di quella dell’anno scorso) ma il fatto di non essermi divertito. In fondo è questo l’obiettivo vero, sopratutto per un podista di pianura come me che sa benissimo che le salite non sono il suo pane quotidiano. Adesso, gambe permettendo, tra poco più di 48 ore ci sarà una importante gara competitiva a Santhià(VC). Gara veloce e piatta, l’deale per le mie caratteristiche ma anche più noiosa, niente a che vedere con i bellissimi percorsi mossi e di montagna…

Foto di www.biellaedintorni.it

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Foto di Silvia Paggio

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