Il giro del Lago di Viverone era stata una vera sorpresa nel 2016. Due distanze, una da 8 Km ed una da 18, su percorsi bellissimi tra colline, lago e boschi.
L’anno scorso presi parte alla 8 km giungendo ottavo assoluto ma buttando via un probabile podio per una gestione di gara assurda.
Quest’anno ci riprovo ma con l’esperienza dell’anno precedente cercherò di non fare errori e riuscire ad acciuffare finalmente le prime tre posizioni.
Per non lasciare nulla di intentato il lunedì precedente inserisco gran parte del percorso della gara nel mio allenamento collinare, giusto per rifrescarmi le difficoltà.
E le difficoltà ci sono tutte, è soprattutto il caldo a dare fastidio ma anche la salita dalle parti di Masseria ha la capacità di tagliare le gambe.
Ad ogni modo mi presento al via fiducioso. Fa davvero caldissimo ma lo faceva anche l’anno scorso. La prima novità riguarda la partenza, posizionata 500 metri più avanti e che di fatto taglierà 1 Km di percorso (500 + 500) tra l’altro l’unico pezzo veramente pianeggiante.
A farmi però abbassare le armi in vista del podio è però il parco partenti, decisamente più numeroso e soprattutto di qualità molto più alta. Forse il gran caldo ha consigliato a molti validi corridori la distanza più corta a scapito della 18 Km, fatto sta che centrare un posto nei 15 diventa già difficile, altro che podio !
Nel riscaldamento tuttavia non mi pare di soffrire eccessivamente il caldo, sinceramente non so dire se la temperatura sia più alta quest’anno o l’anno scorso, di certo sarà il fattore più importante della gara. La gara inizia alle 18:00 e questo sicuramente non aiuta.
La partenza avviene in salita su una piccola gobba, parto un po’ indietro ma in 100 metri mi trovo già intorno alla ventesima posizione. Il tracciato lascia il lago, pur costeggiandolo e prende la strada che porta a Masseria. Siamo in leggera salita ma non sento il caldo e vado abbastanza spedito. Davanti a me vedo i primi tre che hanno preso già un bel vantaggio e poi un bel gruppone di una decina di corridori che avrà si e no una decina di secondi di vantaggio sul mio.
Arrivati a Masseria la strada diventa un continuo saliscendi con pendenze quasi impercettibili dall’occhio ma che si sentono nelle gambe. Il gruppo davanti a me si è allungato ma all’attacco della salita sono riuscito praticamente ad agganciarmi. Appena svolto per affrontare il primo tratto di pendenza però il primo segnale d’allarme, un leggero capogiro mi fa capire che il caldo sta colpendo il mio fisico. Sui saliscendi ho fatto alcuni sorpassi ma non capisco in che posizione mi trovo. La salita, lunga 1 Km di fatto non è difficile, anzi, è strutturata benissimo. La pendenza sale poco per volta, i primi 400 metri sono davvero facili poi si affrontano le pendenze più dure ma sono solo 300 metri e poi altri 350 metri di salita intervallata ad alcuni pezzi di pianura in cui si può respirare un po’.
Eppure con il caldo diventa un tratto da incubo. Il gruppo a cui mi ero agganciato esplode letteralmente. Ognuno ha un passo completamente diverso dagli altri. Io sono in difficoltà, non come nel 2016, ma fatico tanto. Sorpasso un concorrente ma vengo a mia volta sorpassato da un’ altro. Incredibile come in un solo chilometro si possano scavare tali distacchi.
Affronto la discesa con il solo scopo di recuperare fiato, per la classifica posso eventualmente cercare di recuperare ancora una posizione, gli altri sono troppo avanti.
Secondo il mio piano di corsa avrei dovuto risparmiarmi nella prima fase della corsa per poi accelerare nel finale ma è tutto saltato. Al termine della discesa il tanto agognato ristoro, bicchiere d’acqua metà in testa metà bevuto.
A questo punto il tracciato si riaggancia alla strada dell’andata da percorrere ovviamente in senso opposto. I saliscendi di Masseria si sentono tantissimo, soprattutto lo strappetto per rimmettersi sulla provinciale. Il corridore davanti a me si prende un gran spavento quando un imbecille in macchina gli taglia la strada. Io cerco di recuperare qualcosa su di lui ma alla fine gli prendo una manciata di secondi a fronte di un grandissimo sforzo.
Nel frattempo l’ambulanza a seguito dei corridori si muove a sirene spiegate, qualcuno si sente male.
Il caldo adesso mi sta uccidendo ed anche la leggera discesa che porta verso il lago e all’agognato traguardo non dona riposo alle gambe accaldate e doloranti.
Manca solo ancora la “gibbosità”, un mezzo cavalcavia, prima del traguardo ed il corridore davanti a me si impianta, io però sono troppo distante e non riesco a raggiungerlo.
Arrivo al traguardo stanchissimo ma divento felice quando scopro di aver chiuso 11°, buon risultato considerando le forze in campo.
Sono stanco ma meno distrutto dell’anno precedente, ciò che però mi fa restare allibito è il cronometro, 8″/Km in più rispetto al 2016. Pur considerando che con 1.000 metri in più di pianura il gap sarebbe stato minore resta comunque una differenza abissale.
Mi devo rassegnare ad una forma in calo che si fa sentire soprattutto quando la strada sale e riprendere a lavorare per tornare ai miei consueti livelli.
Nel tornare alla macchina però mi sento talmente accaldato da non riuscire più a parlare e iniziano i capogiri. Sono costretto a buttarmi in una fontana per evitare il classico colpo di calore. E’ stata dura…
Foto: www.biellacronaca.it